4 maggio 2010

Esperienza (o Esistenza?) di Dio

Caro lettore,

prima di passare al tema, spero intrigante, del titolo di questo post, volevo fare un po' il punto della situazione su lettura, cinema e dintorni...

Ho finito Il birraio di Preston di Andrea Camilleri, che mi è piaciuto tantissimo (grazie all'amica che me lo ha regalato), e mi sono stupito di come Camilleri riesca a parlare così tanto dell'Italia di oggi anche scrivendo una storia ambientata alla fine dell'800. Ma poi lo hai visto a Che tempo che fa di domenica scorsa? Geniale...

Sto leggendo ora, con decrescente entusiasmo, Piccoli equivoci senza importanza, raccolta di racconti di Antonio Tabucchi, che, sebbene scritti con grande eleganza narrativa, mi stanno lasciando un po' freddo, una piccola delusione dopo quanto avevo apprezzato anni addietro il suo Sostiene Pereira...

Cinematograficamente, spero di andare presto a vedere Matrimoni e altri disastri, ultimo film con Margherita Buy (per la quale notoriamente ho un'ammirazione preconcetta), Fabio Volo e l'esilarante Luciana Littizzetto. Ma soprattutto la prossima uscita di Sabina Guzzanti e il suo Draquila, di cui consiglio la recensione sul sito di Repubblica: clicca qui.

Un altro articolo interessante, che ha poi fatto da trampolino alla riflessione del titolo, alla quale arriverò subito dopo, è questo, ripreso dalla Rassegna Stampa di finesettimana.org:

Perché sono cristiano?

E ora arriviamo al dunque, sperando di non averla tirata troppo alle lunghe... In questi giorni, sempre di più, mi è capitato di leggere in giro o di ricevere personalmente domande sull'esistenza di Dio e sul significato che ha Dio nell'esperienza di fede. Questo, accompagnato alle varie riflessioni che da tempo condivido con te (anche prima della Mansarda...), mi ha portato a ragionare sull'importanza, o meglio, su quanto poco sia importante o interessante disquisire sull'esistenza di Dio, rispetto al racconto dell'esperienza di Dio.

L'esistenza di un presunto "essere superiore", metafisico, trascendente, infinito, ecc. ecc. è un tema caro alla filosofia speculativa di vecchia data, ma cosa c'entra con il Dio di Gesù Cristo, che lui chiamava Padre e che gli scritti della sua comunità definivano come Misericordia e Amore? O cosa c'entra il "dio dei filosofi" con le varie esperienze spirituali che affollano la vita dell'umanità (non necessariamente di matrice cristiana)? Quello che tocca il cuore, che dà senso alla vita, che cambia la visione delle cose, è l'Esperienza che facciamo di Dio, indipendentemente dai nomi che usiamo. A me non interessa se Dio è eterno o no, nella sua metafisica proiezione, interessa invece che mi sento investito, anzi vivente PER il suo Amore. Interessa chi me lo annuncia e me ne dà testimonianza, nel mio caso la testimonianza della vita di Gesù, detto il Cristo, che ricevo dagli scritti delle comunità cristiane delle origini. Ma forse, per altri, sono diversi i canali di questo annuncio. Per alcuni, canali nemmeno identificabili con l'ambito umano delle religioni, ma laici o atei... perché l'Esperienza di Dio non ha nemmeno bisogno delle parole "dio", o "amore" o "misericordia". Forse l'unica parola di cui ha bisogno l'Esperienza di Dio è la parola "umano" (non "uomo" per non escludere la "donna") o "altro" (in questo senso è "trascendente", perché spinge all'altro-da-sé).

Molti autori, sia nella filosofia, non più solo speculativa, sia nell'ambito spirituale, da tempo si muovono in questa direzione, che abbraccia l'"umano" come "luogo dell'esperienza di Dio, dell'altro-da-sé". Sarebbe bene che chi dichiara di aver Fede, e lo fa sulla base della sua esperienza, si sintonizzi su questo nuovo sentire e cominci ad assumerne il linguaggio. Meno preoccupazioni sull'esistenza di Dio perciò, o sulle strutture dell'aldilà (angeli, santi, sacralismo...) e sul dover "provare" tutto questo al non credente, ma più enfasi, sostanza, sull'Esperienza che ciascuno di noi ha fatto su di sé, intorno a sé, che può condividere con tutti, senza imporla a nessuno. L'esperienza parla più dei ragionamenti, delle "prove", delle affermazioni dogmatiche o altro.

Per questo il Dio (metafisico, filosofico-teologico, esistente) di cui parla la gerarchia (e mi rifiuto di chiamarla Chiesa ormai in modo categorico!) interessa solo i bigotti, gli ipocriti, i creduloni e gli ignoranti. Per questo chi racconta la propria Esperienza di Dio, dell'umano, dell'altro-da-sé, è invece sempre affascinante, qualunque "nome" usi, comunque organizzi la sua esperienza spirituale, senza bisogno di istituzioni fuorvianti, a meno che non rimangano quello che sono, cioè istituzioni, quindi strumenti a servizio di un'esperienza umana, e non matrigne o padrone di essa (religioni, ideologie,...).

Restando nell'ambito cristiano (ma ribadisco, anche gli altri ambiti hanno uguale dignità) la Chiesa (il Popolo di Dio) può anche trovar giovamento da una sua organizzazione interna, che porti avanti la comunicazione anche di quella Esperienza di Dio che nasce dall'incontro con il Cristo delle Scritture, ma solo se tale organizzazione rimane a servizio dell'annuncio, dell'esperienza, della condivisione. Quando diventa gerarchia, controllo, possesso, meglio abbandonarla e lasciarla perdere, che da sola si scava la fossa, come la nostra gerarchia cattolica sta facendo davanti agli occhi di tutti, nonostante le sue "sindoni", il suo gridare tristemente al complotto, la preoccupazione anche di uomini spiritualmente seri di "salvare il salvabile" che non c'è più... Alla larga! Aria! Via! Lontano da me...

Beh, per oggi basta, chissà se la prossima volta non mi venga il ghiribizzo di riflettere sull'altro tema appena accennato sopra, l'"aldilà" e la sua mitologia, di cui Cristo non ha mai parlato... vedremo...